Sebbene un background di resistenza “naturale” sia presente in qualsiasi comunità batterica, il sovrautilizzo e l’utilizzo errato di antibiotici in medicina umana e veterinaria hanno determinato lo sviluppo e la proliferazione di resistenze specifiche nelle comunità batteriche esposte agli effetti delle attività umane in tutto il pianeta. L’abbondanza e la diversità dei geni di resistenza e dei batteri resistenti presenti nell’ambiente sono strettamente correlate all’impatto causato localmente dalle attività umane.
L’antibiotico-resistenza derivante da geni di resistenza ad antibiotici sintetici e semisintetici si diffonde nell’ambiente tramite molteplici vie di contaminazione in seguito a differenti attività antropiche, in cui vi è un elevato utilizzo di antibiotici. I geni di resistenza possono raggiungere l’ambiente sia tramite fonti diffuse di contaminazione (aree ad agricoltura intensiva, distretti industriali, attività umane distribuite sul territorio) sia attraverso sorgenti puntiformi, quali impianti zootecnici intensivi, acquacoltura, scarichi fognari urbani e ospedalieri e di attività industriali per la produzione di sostanze antibiotiche.
L’ampiezza del problema e del rischio sotteso è ancora da definire poiché, nella gran parte delle nazioni, manca del tutto un monitoraggio massivo e geograficamente significativo delle dinamiche di antibiotico-resistenza, prerequisito fondamentale per sviluppare azioni di mitigazione dell’inquinamento, sia a livello locale sia regionale o nazionale.
In Italia, i dati sul consumo umano e veterinario di antibiotici e sui ceppi resistenti riconosciuti in ambito ospedaliero variano in modo estremo tra regione a regione e ancor di più tra provincia e provincia, suggerendo anche un diverso carico ambientale e quindi la necessità di sviluppare azioni mirate di controllo e abbattimento, che non possono essere uniche a livello nazionale.
L’impatto dell’utilizzo massivo di antibiotici non causa solo il rilascio in ambiente di batteri resistenti e di geni di resistenza, ma anche di notevoli quantitativi dei diversi antibiotici. Le sostanze parentali non metabolizzate dal corpo umano e i rispettivi metaboliti vengono escreti per via urinaria e fecale, raggiungendo le acque reflue urbane e gli impianti di depurazione delle acque, dove generalmente non sono totalmente rimossi. Antibiotici e metaboliti vengono quindi immessi nei corsi d’acqua, nei laghi o nel mare, tramite le acque trattate oppure nei suoli, tramite l’utilizzo dei fanghi di depurazione come concime per i campi. Questa classe di contaminati, nonostante la sua eterogeneità, viene generalmente definita “semi-persistente” poiché il suo utilizzo è continuo e massiccio: quantitativi rilevanti vengono immessi quotidianamente nell’ambiente in seguito all’uso in medicina umana e veterinaria. In pratica, anche se alcune sostanze si degradano rapidamente nell’ambiente, risultano sempre presenti a causa dell’immissione continua.
Le attività di prevenzione alla fonte dello scarico e dello smaltimento di sostanza antibiotiche in ambiente rappresentano la strategia prioritaria di intervento.
Fondamentale, inoltre, è potenziare le reti di monitoraggio ambientale e delle acque reflue urbane per supportare misure di intervento basate sulla conoscenza e sulle migliori tecniche disponibili.
Nel Rapporto ISTISAN 21/3 . Approccio ambientale all'antibiotico-resistenza, il Ministero della transizione ecologica, in collaborazione con ricercatori provenienti dall’ISPRA, dal CNR, dall’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri e dall’Università di Roma Tor Vergata, ha proposto alcune azioni prioritarie volte a facilitare la corretta gestione dell’AMR a livello ambientale, tra cui:
Per approfondire
Data di ultimo aggiornamento 15 novembre 2021